Parole. Parole belle, parole brutte. Parole che vorremmo dire e parole che vorremmo non aver mai detto. Parole confuse, che non sanno spiegare. Poche lettere in una sequenza logica non bastano quasi mai ad esprimere gli uragani che ci spiazzano, ci scuotono e distruggono le basi di ogni certezza su cui scioccamente e presuntuosamente costruivamo la nostra vita. Questo viaggio è dannatamente difficile, più difficile del previsto, il destino, se esiste, è beffardo, paraculo e un po’ sadico. Quando crediamo che tutto viaggi sul più diritto e sicuro dei binari, quando fuori dal finestrino vediamo campi verdi e cieli azzurri e uccellini cinguettanti, quello è il momento in cui nel migliore dei casi prendiamo un bello scossone che ci fa cadere la borsa a terra, e nel peggiore il treno deraglia e niente più campi e cieli e uccellini. E ci guardiamo intorno, increduli, pensando a come si può passare tanto velocemente dal più gradevole dei viaggi al più surreale dei momenti. Ci ritroviamo a leccarci le ginocchia sbucciate, senza capire come abbiamo fatto a cadere in un modo così sciocco, e anche con un bel cerotto ci vuole comunque un po’ per guarire.
E resta il dubbio, non dico il più antico ma quasi: in quale misura sono i guai che ci inseguono come il gatto col topo, e in quale siamo noi che ce le andiamo a cercare con tutte le scarpe?
E resta il dubbio, non dico il più antico ma quasi: in quale misura sono i guai che ci inseguono come il gatto col topo, e in quale siamo noi che ce le andiamo a cercare con tutte le scarpe?
on air: Boys don't cry - The Cure