Nutrimento per l'anima: i consigli di Faith!

  • da vedere: "Mine Vaganti", di F.Ozpeteck, con R.Scamarcio, A.Preziosi - 2010
  • da ascoltare: "Romeo e Giulietta", Prokofiev
  • da leggere: "Cieli di Zafferano", L.Lokko

domenica 28 settembre 2008

Ginocchia sbucciate

Parole. Parole belle, parole brutte. Parole che vorremmo dire e parole che vorremmo non aver mai detto. Parole confuse, che non sanno spiegare. Poche lettere in una sequenza logica non bastano quasi mai ad esprimere gli uragani che ci spiazzano, ci scuotono e distruggono le basi di ogni certezza su cui scioccamente e presuntuosamente costruivamo la nostra vita. Questo viaggio è dannatamente difficile, più difficile del previsto, il destino, se esiste, è beffardo, paraculo e un po’ sadico. Quando crediamo che tutto viaggi sul più diritto e sicuro dei binari, quando fuori dal finestrino vediamo campi verdi e cieli azzurri e uccellini cinguettanti, quello è il momento in cui nel migliore dei casi prendiamo un bello scossone che ci fa cadere la borsa a terra, e nel peggiore il treno deraglia e niente più campi e cieli e uccellini. E ci guardiamo intorno, increduli, pensando a come si può passare tanto velocemente dal più gradevole dei viaggi al più surreale dei momenti. Ci ritroviamo a leccarci le ginocchia sbucciate, senza capire come abbiamo fatto a cadere in un modo così sciocco, e anche con un bel cerotto ci vuole comunque un po’ per guarire.
E resta il dubbio, non dico il più antico ma quasi: in quale misura sono i guai che ci inseguono come il gatto col topo, e in quale siamo noi che ce le andiamo a cercare con tutte le scarpe?

on air: Boys don't cry - The Cure

martedì 23 settembre 2008

La ragazza con la chitarra


Era lì da mesi, o sarebbe meglio dire da anni, chiusa nella custodia nera. Relegata in un angolo della stanza e della mente. Poi un giorno il richiamo è diventato più forte, così senza motivo. Ho aperto la custodia e l'ho tirata fuori lentamente, ho accarezzato il legno lucido, le corde una volta dorate scurite dal tempo e dall'uso, il battiplettro nero e graffiato. E le ammaccature sugli spigoli, i graffi, i piccoli segni sulla cassa. Il manico scuro e sottile. Riprendendo con un pò di fatica qualche accordo ho sentito il solito dolorino sulla punta delle dita, e ho lasciato perdere quasi subito. Ma il giorno seguente ho riprovato, e quello dopo ancora di nuovo, e il dolore alle dita piano piano si è alleggerito. Una, due, tre canzoni. Quando ero sola, per non farmi sentire, per provare a tirare fuori quella voce imperfetta ma che mi bastava per i miei concertini solitari come per i falò sulla spiaggia per trascinare gli amici. E uno dopo l'altro sono riaffiorati i ricordi, dolci e taglienti come quei ricordi bellissimi che non tornano più. Ho visto una piccola Faith che, gelosa dell'attenzione dedicata al fratello maggiore che per primo aveva imparato a strimpellare, decide tra sè e sè che anche lei imparerà. Ho visto i primi giorni e le dita inesperte che non sapevano che farsene di tutte quelle note, di tutti quei tasti e quelle corde. Poi le mani più sciolte e veloci, gli accordi più difficili, gli arpeggi e le scale. E ho visto tutte quelle volte in cui ero orgogliosa di essere la ragazza con la chitarra: me ne andavo a scuola sul mio vecchio scarabeo con la zaino stracolmo, il vocabolario di latino e il mio prezioso strumento. E le prove a teatro, le canzoni cantate di nascoste tra una prova e l'altra, le rappresentazioni finali e il terrore che si scordasse una corda prima di entrare per colpa di qualche sbadato. Così lei diventava un prolungamento del mio stesso corpo, una parte armoniosa e attraente di me. E poi le serate con gli amici, i falò sulla spiaggia, i pomeriggi a studiare insieme che finivano sempre e comunque in musica, mille fogli volanti con parole e accordi.
Mille ricordi mi hanno attraversata, come un ruscello fresco, come una corda vibrante. E ho pensato: quanto mi manca la ragazza con la chitarra. Si può amare così tanto un semplice oggetto?

sabato 13 settembre 2008

Chi bella vuol apparire...



Chi ha inventato le scarpe con i tacchi? Ditemelo, vi prego. Devo maledire il suo nome per l'eternità. Da sempre ho un rapporto conflittuale (molto conflittuale) con le scarpe dai tacchi alti. Mi sono sempre approfittata dei centimetri in più gentilmente concessimi da madre natura per fare a meno di torturare i miei poveri piedi. Ci ho provato ogni tanto, ma il dolore mi ottenebra la mente, e puntualmente lascio perdere. Così mi sono costruita tutta la mia bella teoria, così quando le mie amiche mi guardano con malcelato disprezzo per le mie scarpine rasoterra le incenerisco con sicurezza: "Ma scusate, se devo avere un'andatura molto poco sicura e rischiare di andare a faccia in terra ogni trenta secondi, e soprattutto se devo soffrire come un cane e rovinarmi tutte le feste e le uscite, cosa ci guadagno? Allora tanto vale non soffrire e sentirmi sicura di non capitombolare! E poi (vera botta finale) anche le scarpe basse possono essere molto chic!!!". E tutte lì ad annuire, è vero, in effetti hai ragione. Inoltre mettiamoci che i miei sono piedi sciocchi. Sì, sono piedi insopportabilmente sciocchi. Le mie dita sono corte e cicciottine (come anche tutto il piede per la verità...), e quindi è veramente difficile trovare scarpe e sandali che mi entrino, poi pensare che mi stiano bene è veramente un'utopia. Quindi faccio incetta delle ciabattine più carine che riesco a trovare (non è che me ne vado in giro con le dr. Scholl ai piedi, eh, intendiamoci) e vado avanti così.
Ma la tragedia, quella vera, è che dentro di me, nel profondo del mio cuore...io adoro le scarpe alte!!! Ultimamente ho avuto in regalo il cofanetto di Sex and the city...e sbavo come una disgraziata davanti a tutte quelle meravigliose, vertiginose, costosissime scarpe! Mi immagino a passeggio con il mio paio di Manolo Blahnik (magari con una Birkin di Hermes al braccio non guasterebbe...), sicura, sciolta e disinvolta. Poi mi provo un paio di scarpe, e cozzo inesorabilmente contro la dura realtà! Il mondo è pieno di donne che portane scarpe assurde, perchè io non devo riuscirci?!?
E' dura amare qualcosa che non puoi avere... :S

giovedì 11 settembre 2008

Restituire o non restituire?



Quando mi assento per un pò (vabbè, per un bel pò) ho sempre l'impressione di dover fare un rientro in grande stile. Così sono giorni che mi arrovello. Ho voglia di tornare su queste paginette, ma non so come farlo. Non ho racconti esaltanti riguardo le mie vacanze, sono stata giusto qualche giorno in montagna, e perlopiù a parare l'acqua. Sono andata un pò al mare, ma neanche troppo. Perlomeno non mi dicono più che sembro una lampadina.
Per la verità sono impaziente di ricominciare. Questa estate per me è iniziata esattamente cinque mesi, un pò troppo per i miei gusti. Lo so che chi è stato a lavoro o a studiare quasi tutta l'estate mi vorrà sputare in faccia, ma io non sono normale ( si era capito già da tempo, lo so) e stare troppo tempo senza fare niente di costruttivo mi stressa. E anche questo caldo bestiale mi stressa alquanto, se la vogliamo dire tutta.
Per sancire questo ritorno vi voglio raccontare uno dei miei simpatici aneddoti, e chiedervi che ne pensate.
L'altro giorno sono andata a fare spese. Dopo aver pagato, la commessa mi ha dato il resto. Solo che si è sbagliata, mi ha dato dieci euro in più. Per la verità me ne sono accorta subito, era un'operazione facile: avrebbe dovuto darmi venti euro più spicci, e invece mi ha dato trenta più spicci. Ho preso le banconote e lo scontrino, e sono uscita. Mi sono allontanata di qualche passo e ho controllato meglio, ho guardato le banconote che avevo prima nel portafogli per essere sicura, e in effetti lo sbaglio c'era. Dubbio amletico: torno indietro o me li tengo? Me li tengo. Torno indietro. Sì, torno indietro. No, me li tengo. Sono rimasta qualche minuto ferma lì, come una scema, con la busta in una mano e il portafoglio nell'altro. Il diavoletto Faith sulla spalla sinistra mi diceva "ma che ti frega, tieniteli, così la prossima volta sta più attenta!", l'angioletto Faith sulla spalla destra asseriva convinto "ma tu sei una persona onesta, non puoi tenerti soldi non tuoi! E se per colpa tua licenziassero la commessa?!?". Com'è finita? Lo ammetto, per circa mezzo minuto ho dato retta al diavoletto. Ma fatti a malapena dieci passi, già mi ero pentita. Mi sentivo già una maledetta malvivente. Ho fatto decisa dietrofront e sono andata restituire il maltolto. E' più forte di me, ogni volta che mi succede una cosa simile torno sempre indietro.
In seguito ho raccolto opinioni sull'accaduto tra amici e familiari. Le risposte, a dire il vero, sono state contrastanti: chi dice che ho fatto bene, come chi dice che sono stata scema.
Voi, che ne pensate?!