Nutrimento per l'anima: i consigli di Faith!

  • da vedere: "Mine Vaganti", di F.Ozpeteck, con R.Scamarcio, A.Preziosi - 2010
  • da ascoltare: "Romeo e Giulietta", Prokofiev
  • da leggere: "Cieli di Zafferano", L.Lokko

domenica 25 marzo 2007

"We're one, but we're not the same"

E insomma, mi sono un tantino stufata.
Sono mesi, precisamente dalla morte di una giovanissima modella brasiliana per anoressia, che questo problema è tornato ad occupare pagine e pagine di cronaca.
Zapatero vieta alle modelle con Imc inferiore a 15 di sfilare. La Melandri firma un manifesto di sensibilizzazione verso tutto il mondo della moda.
Ma se da una parte apprezzo questi tentativi di intaccare la granitica regola della magrezza sulle passerelle, dall’altra mi sembrano solo dei semplici palliativi.
Anche perché penso che non dovrebbe esserci la necessità di imporre questa specie di “regolamentazione”, ma dovrebbe essere un qualcosa di spontaneo, che non segue regole precise che, dato l’argomento, mi sembrano delle volte veramente ridicole. Infatti non credo che una donna debba essere demonizzata solo perché porta una taglia 38 o 40, ma che ha un problema se per entrarci digiuna e si fa del male.
Credo però che non andremo mai da nessuna parte se sulla riviste si continuano a vedere solo ragazze piattissime e spesso levigate da Photoshop.
Se anche noi donne normali, vedendo una ragazza per strada con qualche imperfezione o con un paio di kg in più la definiamo “brutta e cicciona” (mi è capitato, giuro, e la ragazza in questione era anche una bella ragazza).
Se andando in un negozio e chiedendo una gonna taglia 46 devo sentirmi rispondere con aria di sufficienza che “solo questa casa fa ANCHE la 46…” come se avessi chiesto una 60 calibrata, e chiedendo invece una maglietta devo sentirmi dire che “queste sono taglie uniche, entrano a tutte”. Sì, a tutte le amichette di mia cugina. Che fa la prima elementare.
Se devo sentire i soliti DolceendGabbana che dichiarano che loro non sono medici che devono controllare lo stato di salute delle modelle, e che se hai i fianchi “larghi” la modella non la fai, e stop. Ignorando che poi non dico tanto ma almeno la metà di coloro che compreranno i loro vestiti i fianchi larghi ce li avranno e manco poco. E sentire di modelle che per non farsi venire fame si impasticcano, e/o ingoiano ovatta imbevuta di succo di frutta.
Se devo vedere donne bellissime e formose sui giornali (ecco un esempio...) , e leggere una didascalia che le indica come “plus size model”, modelle per taglie forti…
Ma per favore!
Io non dico che dobbiamo essere tutte formose o tutte magre, tutte alte o tutte tettone. Ma semplicemente che siamo tutte uniche. Tutte con un proprio sguardo, con la propria linea delle labbra. Tutte con la propria taglia di seno e tutte con il proprio difetto peggiore e pregio migliore. E che non c’è niente di male se si tenta di migliorarsi. Ma se poi dobbiamo diventare come tante Barbie di plastica fatte in serie…no, grazie.
Scelgo la mia imperfezione, la mia unicità.
Scelgo me.

sabato 17 marzo 2007


"...Ed è forte quello che ho dentro

distante dalla mediocrità

e ho rischiato di perdere tutto

per non subirla..."


C.Consoli

lunedì 12 marzo 2007

Occhi limpidi


Questa mattina mi sono affacciata al mio balcone, e ho respirato a fondo. Ho sentito la pace intorno a me, ho guardato il cielo. Ho sentito il tepore primaverile dell’aria, annusato quell’odore che si sente appena l’inverno inizia a scivolare via.
Ho chiuso gli occhi e ho sentito le mie braccia, le mie gambe, ogni parte di me. E mi sono sentita una ragazza fortunata. Ho capito quanto sia stata generosa la vita con me finora. Ho una bella famiglia, delle volte ci sono problemi, ma ci vogliamo bene e siamo uniti, sempre.
Ho degli amici veri, pochi ma sinceri.
Sono innamorata.
Sono nata dalla parte del mondo che mi permette di vivere in una casa bella e luminosa, di frequentare l’università, di andare in giro per strada forte della mia libertà. Sarei potuta diventare un medico, un avvocato, una cartomante, una barista. Ho la possibilità di scegliere cosa fare della mia vita. Poi tocca vedere se ci riuscirò, ma almeno ho la libertà di provarci. Ho sempre il frigo pieno, godo di ottima salute. E questa per me è pura e semplice fortuna, di cui ringraziare Dio o chi per lui ogni giorno. Non ho fatto niente per meritarmi questo, mi è capitato. E non posso più sopportare chi si sente l’ultimo sfigato della Terra solo perché ha avuto una grossa delusione d’amore, o cose simili.
Accetto che una persona soffra, anche se gli fa male l’unghia del pollicione del piede. Ho rispetto di ogni forma di sofferenza. Ma non tollero le persone che fanno a gara per vedere chi ha pianto più lacrime, come se crearsi un motivo di dolore renda una persona più in. Come se il bello&dannato fosse interessante davvero.
Basta!
Credo di essere cambiata in questi ultimi mesi.
Ho detto basta alle situazioni che non mi permettevano di andare avanti, ma di restare sempre ferma e ancorata come se avessi piedi di cemento. Basta a chi si nasconde sempre dietro un problema. Ho lavorato su me stessa per fregarmene se ci sono persone su cui ho puntato molto ma che mi hanno deluso troppe volte. E credo di esserci riuscita, almeno in parte. Prima facevo finta di fregarmene e soffrivo dentro. Adesso no. Adesso ho imparato ad accettare che non sono io che sono sbagliata. Sono loro a perdersi qualcosa, sempre occupate a guardare indietro, invece di curarsi le ferite ed andare avanti. Cazzo, abbiamo vent’anni.
Adesso ho voglia di vivere, sono piena di vita che vuole esprimersi. Voglio uscire e ridere, voglio guardare ai miei sogni senza paura di non esserne all’altezza. Voglio respirare questa primavera che nasce ora. Voglio imparare dalla mia cuginetta di 6 anni a guardare il mondo con quegli occhioni limpidi, come fa lei. Voglio lavare via tutta l’inadeguatezza che mi sono sempre sentita attaccata addosso, come una soffocante coperta.
Voglio essere felice di essere me. Voglio volermi bene.
Finalmente.

sabato 3 marzo 2007

Cronaca di uno stress annunciato!


Ha deciso qualcuno, nella sua saggezza imperscrutabile, che io non posso fare cose semplici. Cose facili e lineari, tipo andare in facoltà, rispondere all’appello, fare il mio esame ed andare a casa. No, non va mai così. Mi sarà capitato sì e no cinque o sei volte una cosa simile, su ventotto esami dati finora. E anche questa volta, infatti, si è svolto tutto in maniera alquanto bizzarra. Meno male, sennò cosa avrei da raccontarvi?!

28 febbraio, ore 10.40. Arrivo in facoltà insieme a mio fratello, che deve sostenere il mio stesso esame. Il temutissimo “Storia del teatro contemporaneo e regia teatrale”, da 8 cfu. Un’enormità! Con una prof, pare, molto esigente. Ci tengo molto a fare quest’esame e a farlo bene, perché vorrei chiederle la tesi, a costei. E, sempre pare, la tizia sia selettiva su chi far laureare con lei. Sono mesi che penso a quest’esame, perché se non va (molto) bene sfumerà anche il mio progetto tesi. Insomma, alle 11 c’è l’appello. La prof arriva che manca poco a mezzogiorno. Se ne esce che siccome siamo troppi chi vuole può farlo scritto, io ovviamente non ci penso proprio. Tra assenti e gente che fa lo scritto salgo di molto nell’elenco, divento tipo quinta o sesta. Esulto! Lo faccio oggi e mi tolgo il pensiero!! Comincio a prepararmi psicologicamente che di lì a poco affronterò l’esame.

Ore 13.15 (e sottolineo 13.15). La prof si degna finalmente di farci sapere come ci ha divisi. Legge il foglio del primo giorno, c’è mio fratello ma io non ci sono. Secondo giorno, non ci sono. Terzo giorno, idem…
“prof scusi, c’è qualcosa che non va…all’appello ero tra i primi, ora non ci sono più!”
“beh, come si chiama?”
“bla”
“qui c’è bla!”
“ehm…no, siamo in due…”
“oh beh, allora l’abbiamo saltata perché c’erano due cognomi uguali…”
Ma si può!!! Non esiste gente che ha cognomi uguali sulla faccia della terra?!?
Calma.
“beh scusi ma io cmq ero tra i primi, mi inserisce oggi?”
“no, no…siete troppi! Può tornare lunedì?”
(ricacciando indietro il tocco che mi sta venendo) “ma come lunedì…non posso (=non ce la faccio!)”
“ma io non so quando inserirla!”
(ricacciando indietro le mazzate che vorrei darle) “prof scusi, ma l’errore non è stato mio!”
Al che una ragazza in parte mi salva: “potresti venire domani al posto mio perché io non posso”
Vabbè…vengo domani. Se proprio.

Mio fratello fa l’esame (che va bene), e tenta di convincermi che devo stare tranquilla. Io, la donna un tempo conosciuta come unieuro (l’ottimismo è il profumo della vita), mi lascio sprofondare nella disperazione. Passano le ore e il cervello mi si svuota. I nomi iniziano a sbiadire e confondersi, le date si scambiano di posto tipo cartavincecartaperde. Mi avvio verso casa, mesta e affamata. Ho dimenticato di mangiare.

Ore 23.30. Mi metto a dormire. Stranamente mi addormento subito.

Ore 00.50. Credevi di dormire eh? ILLUSA! Occhi sbarrati e pagine del libro di spazio scenico (incomprensibile) che mi ostentano davanti una danza macabra. Rimarrò tutta la notte a rigirarmi nel letto sudando come una disgraziata e tormentandomi senza tregua.

1 marzo, ore 8.00. Più stanca di quando mi sono messa a letto, mi alzo. Sono i n g u a r d a b i l e. E non sto scherzando. Ho delle occhiaie che la fossa delle marianne sembra uno stagno al confronto.


Ore 10.00. Incurante del fatto che sono l’ultima della lista, arrivo trafelata come se fossi in ritardo e mi siedo come uno spettro davanti allo studio dove si tiene l’esame. Mi viene da piangere. Non sono mai stata così male per un esame in vita mia!
Ma qui accade il miracolo. La prof si affaccia alla porta.
“Chi deve fare l’esame con me?”
(guardandomi intorno, sconvolta) “i..i..io”
“Venga”

Per la miseria, ha chiamato me. L’assistente che ha i fogli non c’è ancora, così iniziano a caso.
Entro, mi siedo, ho lo stomaco a forma di infinito.
Ho il cervello vuoto.
E poi, per magia, si è applicata la (mia personalissima) regola del cervello a sipario, che magari poi vi espongo.
La prima cosa che l’assistente mi chiede è il libro di spazio scenico, of course. Ma me la cavo. E poi giù a parlare di Appia e Craig, Brecht e il teatro epico, Strehler e il piccolo di Milano, e altro ancora.
La tizia mi chiede in che voglio laurearmi, e io “in questa materia!”
Così mi fa passare dalla prof. Che mi chiede cosa mi ha interessato di più. E giù a parlare ancora. Alla fine sta per svangarmi, quando io la butto lì: “prof scusi…potrei venire a parlarle della mia tesi?”
“sì certo, venga a ricevimento!”
Halleluja, halleluja!!!! Mesi di studio, lezioni alle 8 mai perse, chili di libri, concretizzati in quella frase. Sì, certo. E nel maestoso 30 sullo statino!

Ma credete sia finita qui? Illusi voi, stavolta!

Ore 13.45. Sono a termini. Cammino con una faccia ebete, le occhiaie e i capelli sconvolti e uno stupido sorrisetto. Happy, schalalalla, it’s nice to be happy, schalalalla. Tra un po’ mi metto a battere il cinque a chiunque passi sulla mia strada.
Vado da spizzico per nutrirmi, mi siedo di fronte a una signora in pausa pranzo con occhiaie tipo le mie. A un certo punto…
“uff…si ricomincia…”
“eh, io invece ho appena finito…”
“ah sì?”
“sì, ho dato un esame”
Errore, errore, errore. La signora, evidentemente stressata, si sfoga con me per circa 15 minuti filati di sua figlia che fa il primo anno di medicina, ed è stressata, piange sempre, non fa altro che studiare ma si lamenta di non sapere niente, e poi l’esame di statistica, i prof, l’amica, le ripetizioni, e anatomia…cerco contemporaneamente di mangiare la mia pizza e rincuorarla. Ma lei vuole solo p a r l a r e. Non le interessa ascoltare. Deve s f o g a r s i. E vabbè.

Ore 14.15. Superata la signora stressata, vado alla ricordi. Mi regalo un cd di Carmen Consoli, l’unico che mi manca. Sono così stanca che non ce la faccio nemmeno a guardare i cd. Prendo quello che mi interessa, e vado a pagare. La ragazza alla cassa mi saluta con un “ciaooo” stranamente amichevole. Ricambio (happy, schalalalla) ma mentre cerco con poco successo di riporre il portafogli nello zaino stracolmo, la tizia nota i libri. Io, per rispondere alla sua faccia interrogativo, dico
“ehm…ho appena fatto un esame, con tutti questi libri…”
“ma daaaaiiii! Oggi è giorno di esami!! Spero sia andato bene!!”
“ehmm..abbastanza! ho preso 30…”
“bravissiiiiimaaaa! Che esame eraaa?!?”
“teatro contemporaneo e regia teatrale”
(con una parlato alla Carlo Verdone che imita l’hippie alternativo) “Bellissimoooo!!! Ma dimmi dimmi, cosa ti piace del teatro?! Eh?!”
“ehm..tutto!”
“Sì…tutto…perché il teatro ti scava proprio dentro eh? Vero?”
“eh sì…vero…”
“sì infatti, è bellissimo, dev’essere proprio stupendo studiarlo eh? Vero?”
“sì, bellissimo…mi dispiace ma perdo il treno, vado…”
“Ok! Ciao ciaooo! Bellissimo…”

E finalmente treno, casa, doccia, letto!

Non c’è una conclusione a questa storia, tranne che non so perché quando me ne vado in giro mi capitano sempre storie da raccontare, quindi…larga è la foglia, stretta è la via, dite la vostra che ho detto la mia! O era stretta la foglia e larga la via? Bah!

Faith